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Sim, Village Suisse, Paris 1900 ca. dettaglio

Il manifesto in Svizzera (Ticino)

La rassegna di manifesti che presentiamo tocca un tema relativamente poco affrontato dal mondo artistico tradizionale. Quando si parla di arte perlopiù si pensa ad un dipinto, ad una scultura, ad un’opera architettonica, o più semplicemente fotografica. Questo perché spesso i mass-media hanno prevalentemente messo in risalto tali aspetti dell’espressione artistica dell’uomo.

 

Uno degli scopi di questa tematica è quindi di rendere omaggio alla grafica espressiva del manifesto, inserendola di diritto nel contesto artistico cui storicamente appartiene. Il nostro intervento tocca in particolare il manifesto turistico nel contesto elvetico, pieno di colori e bellissimo nelle raffigurazioni delle nostre meravigliose località regionali.

 

L’esposizione si sviluppa in più fasi, sempre dando risalto all’aspetto turistico, ricco di paesaggi e suggestivi mezzi di locomozione. I manifesti abbracciano un periodo di circa 70 anni, tra la fine del XIX secolo e la fine degli anni ‘50 del XX secolo, forse il più fecondo come creatività artistica, pittoricamente parlando.

Turismo, manifestazioni e mezzi di trasporto

Storia del manifesto in breve

L’evoluzione dei costumi, modi di vivere, gusti, idee e desideri, sono stati nell’arco di oltre due secoli (da alcuni decenni dopo la rivoluzione francese fino ai nostri giorni) spesso incisivamente raffigurati attraverso le immagini del manifesto. Nelle sue differenti e molteplici forme espressive, la storia del manifesto è andata un po’ a braccetto con quella dell’uomo. L’origine del manifesto è antichissima, basta pensare ai suoi precedenti più lontani risalenti ai graffiti che fungevano da insegne nelle taverne romane.

 

Il termine italiano “manifesto” etimologicamente significa “rendere noto”, “far conoscere”. I primi manifesti erano comunicazioni che nel medioevo venivano affidate agli “strilloni”, ai “banditori” in giro per le strade che annunciavano le notizie ad una popolazione quasi totalmente analfabeta, diventando così il mezzo più efficace d’informazione.

 

Con la diffusione della stampa nel 1493 si rese possibile la propagazione ad un pubblico più vasto di tali messaggi. Gli anni a cavallo fra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 costituiscono il periodo d’oro del manifesto, specie quello turistico. È l’epoca in cui si realizzano e si ampliano linee ferroviarie, sorgono compagnie di battelli a vapore, si costruiscono grandi alberghi. Questo momento storico è caratterizzato anche dalla produzione di manifesti con temi diversi dal turismo, toccanti il mondo dello spettacolo, lo sport, l’economia nonché la pubblicità di beni di largo consumo. In quest’ultimo caso il testo è raro e molto spesso appare solo la marca da sponsorizzare.

Specie in Europa, il ruolo sociale del manifesto è stato grandissimo e ancor oggi, dopo l’avvento della televisione, del computer e della telefonia mobile, esso riesce a mantenere pur sempre un valido posto nel firmamento dell’immagine.

 

Il manifesto raggiunge tutta la popolazione, giovani e anziani, pedoni e utenti di mezzi pubblici di trasporto, ciclisti e automobilisti. I manifesti li troviamo dappertutto: nelle vie delle città, nelle stazioni, nei viali, negli stadi, lungo le strade di grande traffico, persino nelle valli e nei parchi, ben integrati nel paesaggio. L’importanza storico-sociale del manifesto viene avvalorata dalla presenza di famosi artisti, pittori, grafici e fotografi che contribuirono attivamente alla sua divulgazione.

 

Esso è pur sempre un prodotto dell’arte grafica e si avvale contemporaneamente dell’ausilio di più specialisti: l’artista in senso stretto (che ha creato l’immagine di base, la bozza del tema centrale), il maestro grafico che ha riunito (e corretto) le varie componenti per l’immagine finale ed infine lo stampatore. Ogni manifesto mostra le varie tendenze figurative ed artistiche della sua epoca. Come visto, tutti i manifesti turistici nascono dai viaggi, ossia si sostituiscono alle prime impressioni trasmesse su diari, lettere od anche acquarelli e disegni fatti dai primi viaggiatori che desideravano così ricordare il soggiorno effettuato. La Svizzera, che era una gradita meta di viaggio già nell’800, curò in particolare questa forma di rappresentazione.

Dalle incisioni su rame, colorate a mano, nascevano poi, grazie alle nuove tecniche di stampa, le litografie di paesaggi eseguite in maniera metodica ed in misura ragguardevole. I primi e veri manifesti turistici presentano delle caratteristiche ben precise. La grafica del paesaggio o l’orario ferroviario, illustrato con una pittoresca immagine, sono sempre presenti. In seguito si passò alla tecnica di riempire gli interspazi con disegni floreali per dare alla figura un’impressione unitaria. Successivamente prende spazio la fissazione prevalente di un motivo centrale dominante su quasi tutto lo spazio del manifesto. Al posto o assieme agli ornamenti floreali appaiono figure allegoriche, specie femminili. L’arte della “Belle Epoque” si fa sentire anche nel nostro paese.

Quest’ultimo sviluppo si compie a cavallo dei due secoli, grazie alla forte influenza prodotta in Francia ed Inghilterra dalla mano di grandi artisti quali Jules Chéret, Pierre Bonnard, Toulouse-Lautrec e Théophile Steinlen, svizzero di nascita e francese di adozione.

Altre tendenze espressive iniziano negli anni ’20. Le conquiste formali del cubismo e dell’espressionismo, unite al piacere sensuale dei colori, accedono al manifesto. Ancora una volta sono noti pittori che danno al manifesto turistico efficacia pubblicitaria e validità artistica. Tra questi ricordiamo gli elvetici Otto Baumberger, Daniele Buzzi, Emil Cardinaux, Hans Erni, Augusto Giacometti, Otto Morach, e Niklaus Stöcklin.

 

Alla fine degli anni ’30 appaiono in Svizzera manifesti pittoreschi, tendenti ad esaltare in un certo qual modo la nazionalità svizzera di particolari località turistiche. Questa tendenza rappresentativa dura fino alla metà degli anni ’50, allorquando si affiancano alle tematiche del turismo tradizionale altre come quelle dell’automobilismo e del mondo degli anziani.

 

A partire dagli anni ’60, all’espressione figurativa tradizionalmente fantasiosa si affianca quella fotografica, grazie alle tecniche sempre più sofisticate del settore riproduttivo e grafico.

Alla fine degli anni ’80 si affacciano infine le immagini disegnate direttamente con il computer. Oggigiorno l’arte del manifesto è fortemente influenzata da questo tipo di supporto grafico che facilita l’opera dell’autore e dello stampatore.

Il Tiro Federlale e la Fiera Svizzera di Lugano

Le radici del Tiro Federale risiedono nelle più remote tradizioni svizzere delle feste di tiro, ma la sua nascita ufficiale avvenne ad Aarau nel 1824, quando fu fondata la Società dei Carabinieri. Dopo l’introduzione del servizio militare obbligatorio (1848) fu imposto nel 1874 l’obbligo del tiro anche fuori dal servizio e vennero incaricate le società di tiro di organizzarne gli esercizi in appositi poligoni.

 

Nel 1908 fu disposto che ogni soldato dovesse essere un membro attivo delle società di tiro. Queste ultime si occuparono anche dello svolgimento di corsi per giovani tiratori, creando così un legame tra la cultura civica del tiro e quella militare che rimase saldo per quasi un secolo, anche a causa della minaccia esterna durante le due guerre mondiali.

 

La Fiera Svizzera di Lugano nacque nel 1933 quando alcuni cittadini di Lugano e Castagnola decisero di trasformare la Festa della Vendemmia, tenutasi l’anno precedente a Castagnola, in una mostra agricolo-industriale. La manifestazione ebbe uno sviluppo tale che in pochi anni divenne la terza fiera della Svizzera, raggiungendo il suo massimo splendore nel 1944. Dopo quell’anno la sua importanza diminuì tanto da scomparire negli anni ‘50, venendo poi sostituita negli anni ‘60 dalla mostra campionaria “Artecasa”. 

Linee ferroviarie e di montagna

La ferrovia è stata fondamentale per la Svizzera in quanto le ha permesso di sviluppare una società fondata sull’industria e sui servizi, con conseguenti conquiste a livello tecnico, economico e sociale. Nell’ambito della politica dei trasporti la ferrovia conserva ancora oggi una posizione centrale anche sotto il profilo ecologico. Alla metà dell’800, al contrario di altri paesi europei, la Svizzera non possedeva ancora linee ferroviarie, ad eccezione di un breve tratto costruito tra Zurigo e Baden nel 1847. Si avvertiva ormai la necessità di aprirsi ai percorsi ferroviari, sia perché il capitale straniero premeva alle frontiere con progetti e domande di concessioni, sia per evitare che il paese, in piena espansione industriale e commerciale, rimanesse privo di un’importante infrastruttura, sia per creare quel mercato comune tra i cantoni che aveva in fondo ispirato la fondazione dello Stato Federale.

Lo sviluppo della ferrovia svizzera nel XIX secolo fu dovuto a imprenditori, industriali e banchieri attivi anche nella politica federale, come lo zurighese Alfred Escher. Nel 1852 la Confederazione delegò ai cantoni la competenza per la costruzione e l’esercizio di strade ferrate e per il rilascio delle relative concessioni. Dato che il finanziamento era garantito da capitali privati e da sovvenzioni comunali e cantonali, le compagnie ferroviarie pianificarono l’attività orientandosi al profitto, con un conseguente inasprimento della concorrenza.

Già nel 1861 molte ferrovie si trovarono però in difficoltà finanziarie e diverse di esse dipendevano anche dal sostegno estero.